Scuola e Giustizia non possono restare chiuse. Sono due grandi servizi pubblici che devono ripartire in sicurezza. Il Centro Studi Livatino lancia un appello a Governo e partiti per una ripartenza di questi settori strategici della vita nazionale.
Tra sospensione delle attività ordinarie e il periodo feriale, bisognerà aspettare settembre per la riapertura del nostro sistema giudiziario. Ma il blocco provocato dal lockdown rischia di provocare danni irreparabili. Nella Giustizia civile, ad esempio.
Il recupero crediti accumula ritardi nei provvedimenti ingiuntivi, nella loro notifica, nelle procedure di vendita all’asta. I crediti bloccati sono un danno per aziende, enti pubblici, banche, professionisti, mondo privato e delle famiglie. 10 miliardi di euro, la stima del Livatino. Liquidità sottratta a chi dovrebbe ottenerla.
L’intero sistema giudiziario soffre la chiusura imposta dalla pandemia Covid-19. E sconta non solo gli effetti tragici del virus ma anche la strategia caotica con cui si è cercato di contenerlo.
Difficoltà procedurali e organizzative, ritardi nei giudizi e anomalie, servizi disomogenei nei territori e negli stessi uffici, difficoltà di comunicazione nella macchina giudiziaria. A pagarne le conseguenze peggiori, i cittadini italiani. Tanto più che il ritardo tecnologico, la mancanza di una infrastruttura di rete di qualità, complica anche lo smart working.
Il Livatino propone quindi un provvedimento di emergenza per la riapertura della Giustizia dal primo di Luglio di quest’anno. Scuola e giustizia non possono restare chiuse per un tempo indefinito.
Dalla sanificazione ad una maggiore omogeneità della disciplina dell’attività giudiziaria. Dal riorganizzare orari e tempi di lavoro del personale, passando per le ferie e un “protocollo informatico unico”. Fino a far cessare entro la fine di giugno ogni sospensione dei termini di prescrizione e misure cautelari nella Giustizia penale. Sono alcune delle proposte contenute nell’appello del Livatino che si può leggere qui.